“Intrecci di parole” è un progetto proposto ad inizio 2024 dalla Fondazione Centro culturale valdese in occasione delle attività previste per le celebrazioni degli “850 anni valdesi in movimento”.
Si tratta di un’attività corale realizzata con dieci comunità valdo-metodiste in Italia coinvolgendo un centinaio di membri di chiesa con un’età dagli 8 ai 100 anni, che hanno messo insieme le proprie esperienze personali in relazione alla propria storia con quella della comunità.
Io, Thanchanok Belforte, ho avuto il piacere di collaborare e lavorare con Nicoletta Favout e Davide Rosso per guidare le persone che hanno partecipato ai laboratori.
Anche la nostra piccola grande Chiesa Valdese di Torre Pellice ha partecipato all’esperimento.
Il gruppo che ha partecipato si è lasciato guidare con entusiasmo e il giusto pizzico di curiosità.
Per me è stato un momento estremamente prezioso, non solo per la gioia di guidare e vedere un’attiva partecipazione da parte della propria comunità, ma perché le riflessioni che sono emerse sono state forti e speciali.
Il risultato di questo percorso è tutt’ora fruibile negli spazi del corridoio della biblioteca del Centro Culturale: è possibile osservare la struttura del laboratorio proposto, i materiali utilizzati e le parole e ciò che è emerso di luogo in luogo.
Grazie a questo progetto ho avuto modo di realizzare l’opera permanente “intrecci di parole” presente sempre negli spazi del Centro Culturale Valdese di Torre Pellice.
Come artista che è stata parte nella conduzione di questi laboratori ho voluto riflettere sulle parole emerse e sulla possibile forma che potevo dare ad esse.
In 850 anni quali possono essere le parole che descrivono la nostra comunità? In tutto il territorio italiano è stato possibile trovare medesime parole con cui identificarsi, ma al tempo stesso leggerle in modi poliedrici.
Ci sono parole che tornano, si spezzano, o sono lasciate da parte. Qui prendono forma in segni e fili che oltrepassano stati diversi della nostra storia e del nostro essere singoli, singole e comunità.
Frammenti che ci segnano duramente come cicatrici. Fili colorati che ritornano e lasciano un certo colore a quella storia che a volte è percepita distante e fredda come lo zinco può apparire.
Parole più o meno irriconoscibili, ma di cui riusciamo a cogliere l’impatto per come solcano o passano attraverso la materia e le varie superfici.
Questo zinco, questa storia, è metafora di noi protagonisti e protagoniste.
Noi e quelle parole che ci hanno fatto crescere siamo parte di questo intreccio e di questa narrazione.
L’opera si articola in otto lastre di zinco incise, forate e su cui sono “intessuti” fili colorati che uniscono i vari elementi metallici in armonia.
Si può osservarla da vicino o lontano. L’opera invita chi la guarda a trovare un senso di lettura, trovare legami tra vari elementi e farsi incuriosire dai contrasti.
Che cosa raccontano queste incisioni? Questi segni che si diramano su tutto lo spazio sono più come rami o radici? E noi, qui di fronte, che ruolo abbiamo e chi siamo rispetto ad essa? Siamo solo spettatori o spettatrici? Chi osserva l’opera con attenzione è in grado di cogliere luci, frammenti dello spazio riflesso e parti del proprio riflesso.
Tutte e tutti noi che “leggiamo” questi intrecci di parole siamo parte del suo racconto.
Vi invito ad andare a vedere i “frutti” di questo progetto, l’opera e la mostra negli spazi del corridoio della biblioteca, ed osservare quella che può sembrare una “fotografia” della nostra Chiesa.
Una Chiesa in cammino, che si mette in gioco, che riflette sulla propria storia e che è in costante mutamento.