Il Settecento: tra la stretta dei Savoia e l’apertura all’Europa
Il Settecento, secolo rivoluzionario e di profondo rivolgimento nella distribuzione del potere in Europa, porta nella storia dei valdesi un atteggiamento meno cruento, ma non per questo meno dirompente, da parte del governo sabaudo. Di vere e proprie persecuzioni non si parla più, ma di esilio sì. E tocca alla Val Pragelato (oggi Val Chisone), di cui Vittorio Amedeo II entra definitivamente in possesso dopo il trattato di Utrecht del 1713, subire misure repressive culminate con l’editto del 1730 che rende obbligatoria per tutti gli abitanti la professione esteriore della religione cattolica e, segnando la fine del valdismo nella valle, dà il via al definitivo esilio della popolazione verso la Germania.
Si inaspriscono anche le pressioni per le conversioni, peraltro obiettivo irrinunciabile fin dal XVI secolo e attuato con le missioni del clero regolare, e Carlo Emanuele III fa costruire a Pinerolo un apposito edificio (Palazzo Vittone, dal nome del suo progettista, Bernardo Vittone) destinato ai cattolizzandi o catecumeni delle Valli di Perosa (l’attuale Val Chisone), Luserna e San Martino (l’attuale Val Germanasca). In molti casi si tratta di un’abiura ottenuta in cambio di cure mediche, assistenza, aiuti economici, la promessa di un lavoro o di un matrimonio cattolico. Inaugurato l’8 dicembre 1743, l’Ospizio dei Catecumeni di Pinerolo rimane attivo fino all’arrivo delle truppe francesi nel 1798.
Tuttavia, nonostante esili, conversioni forzate, divieti e limiti, per i valdesi inizia un tempo nuovo, alleggerito sia dall’incombenza della morte sia dagli eroici episodi di resistenza che avevano segnato il secolo precedente. Ed è in questa vita pacificata, cui non manca l’appoggio della solidarietà internazionale, che si mette in moto una progressiva, profonda trasformazione; il mondo valdese gioca le sue carte e nella società emerge e si afferma una nuova borghesia di proprietari terrieri, artigiani, commercianti e piccoli imprenditori tessili, alcuni dei quali riescono a espandere i loro affari oltre i confini delle Valli, in Piemonte e nei Paesi europei.
La strada del cosmopolitismo (già percorsa dai pastori obbligati dalle leggi restrittive del Piemonte a formarsi nelle università europee) ora si apre ai figli di questa nuova borghesia e anche ai giovani che vanno a lavorare come segretari o precettori presso altolocate famiglie dell’Europa protestante. Il lascito del Settecento, con la felice complessità dell’Età dei Lumi e con la Rivoluzione francese, non può che preludere a un secolo, l’Ottocento, pronto a percorrere la strada verso la libertà.